La foto è di fine giugno 2017. Ma la ricorderai di sicuro. Parla più di mille proclami e mille parole.
C’era in programma un convegno a Sulmona, con la partecipazione di un sacco di gente importante. Dal governatore dell’Abruzzo al ministro della Coesione territoriale, dal rettore dell’Università di Teramo al presidente della Regione Emilia Romagna. Roba piuttosto grossa, mica la sagra della scamorza al paesello.
La fotografia è in qualche modo sconvolgente, perché unisce una serie di difetti della nostra società e di terribili mancanze della nostra classe politica. Eccola…
C’è un palco, è una giornata di sole ma con qualche piovasco. Fa caldo. Così, per permettere il più “normale” svolgimento della conferenza, qualcuno ha avuto l’idea di “posizionare”, alle spalle dei politici e delle loro seggiole, alcune ragazze con degli ombrelli aperti, per ripararli dagli scrosci di pioggia improvvisa, dal sole, dal caldo, dagli assalti delle termiti volanti del Turkmenistan.
Una robaccia da gran premio di motociclismo. Un pateracchio colmo di maschilismo e senza rispetto. Yes.
Possibili giustificazioni?
Mah, forse qualcuna a discarico delle persone di buona volontà che hanno organizzato il convegno, che si occupano di mille cose, che sono nel panico totale, che devono controllare se sono arrivati tutti, se c’è abbastanza d’acqua per dissetare i relatori durante la calda giornata estiva, se è arrivato il fotografo, se c’è quello della televisione, eccetera eccetera…
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Insomma, forse qualcuna di queste persone, magari in piena trance agonistica, magari ha pensato: “Ma sì, dai, è una buona idea! Mettiamo delle ragazze, delle volontarie con gli ombrelli dietro alle poltroncine dei relatori così, anche se viene giù uno scroscio di pioggia improvvisa, non succede niente e si può andare avanti col programma”.
Di sicuro c’erano da rispettare dei tempi. Perché il convegno era all’interno di una “due giorni” di incontri, chiamata “Fonderia Abruzzo, laboratorio di idee nuove di futuro”.
Quindi, come dire? Ci sono una serie di motivi pratici e organizzativi per, in qualche modo, giustificare questa minchiata?
No. Non direi.
Anche perché, a voler essere proprio cattivi, hai presente il titolo della “due giorni”?
Se la visione per il futuro della nostra classe dirigente è di vedere il politico di turno che si accompagna con il potente di turno, seduto comodo sulla sua poltroncina a declamare le sue belle idee, con dietro una ragazza che tiene l’ombrello, beh, diciamolo pure: il futuro che ci viene delineato è abbastanza disastroso.
La foto di Sulmona, è uno di quei casi, mio caro, in cui una foto, anche un solo minuto, rovina tutto. Come dare un calcio al secchio del latte appena munto.
Quando la forma diventa sostanza
Chiaro? Foto=ombrello=disastro.
Nessuno si ricorda più dei relatori. E di cosa parlavano. E se erano bravi e competenti e preparati. Non conta più niente.
Perché la forma è divenuta (pessima) sostanza. Mandando all’aria convegno, buona volontà, buone idee eccetera eccetera.
Capiamo meglio il perché.
Tu, politico – o aspirante tale – che vuoi occuparti del bene comune, per poterlo fare devi occuparti della tua comunicazione. Altrimenti, anche se hai fatto delle cose buone, nessuno lo saprebbe mai.
Bene, osservando le foto sul convegno di Sulmona ti sei subito reso conto del disastroso messaggio che è passato, no?
Sei rimasto colpito anche tu dalla chiarissima immagine plastica che ne viene fuori: caro politico ombrellato, è assolutamente inutile che pensi ai comunicati stampa, alle strategie sui social, a quando vai in televisione. Se non ti rendi conto che questa situazione è impresentabile, è meglio che cambi mestiere. Molto alla svelta.
Sono un giornalista, mi occupo di comunicazione e di uffici stampa.
I relatori sul palco, non appena si sono resi conto di quello che stava succedendo, dovevano semplicemente:
– alzarsi dalla sedia,
– congedare con un cortese inchino le ragazze,
– prendere dalle loro mani gli ombrelli,
– continuare il loro convegno, restando senza protezione a prendersi il caldo, il sole e (se veniva) pure la pioggia. Come se la prendevano le persone che li guardavano.
Invece?
Non hanno fatto nulla.
In questo modo hanno trasmesso un’immagine deleteria per tutta la classe politica italiana perché è passato un messaggio del tipo: “Anvedi questi”…
Un messaggio di sconfortante arretratezza. Che va, ovviamente, nella direzione opposta alla parità di genere.
Una specie di disastro, dal punto di vista della comunicazione.
Il politico e la realtà
Un esempio interessante di come, quando si perde il contatto con la realtà (anche solo per pochi minuti), possono accadere autentici disastri.
Chi si occupa di politica dovrebbe ricordarsi che è una persona “speciale” – in quanto eletto dai cittadini – che rappresenta le persone “normali” (classismo o sociologia non c’entrano, è ovviamente solo per spiegare il ragionamento, potevo usare “standard” o “non impegnate politicamente”, ecc.) e quindi deve mantenere sempre i piedi ben piantati a terra.
Come si è visto nel giugno 2017, basta una foto di un momento (all’apparenza) assolutamente inoffensivo per rovinare intere strategie di comunicazione.
Pensa soltanto se fosse stato un convegno di respiro nazionale, in una località più alla moda, con magari un solo politico di rilievo ad essere intervistato sul palco.
Situazione organizzativa uguale, alternanza di sole e pioggia. Organizzatori in tilt che dicono: “mandiamo qualcuno su con l’ombrello che, se magari viene uno scroscio, non si interrompe”. Stessa buona volontà, stessa mancanza di lungimiranza.
Risultato? Usa l’immaginazione…
Scoppierebbe una polemica a livello nazionale cento volte più grossa di quella che c’è stata a Sulmona.
Consigli e consenso
La morale in questa storia? Non so se ci sia. Di sicuro ci sono alcuni consigli;
1 se hai paura di bagnarti, non andare ai convegni quando piove;
2 (dedicato ai maschietti) sei un galantuomo: non permettere mai ad una donna di reggere l’ombrello;
3 quando parli, non innamorarti della tua voce e delle tue parole, ma pensa SEMPRE a quello che la gente può capire di quel che dici. E di come lo dici.
Se quei signori sul palco di Sulmona lo avessero fatto, avrebbero visto quello che vedeva il pubblico. Quindi si sarebbero alzati in mezzo secondo, strappando gli ombrelli di mano alle volontarie e facendole accomodare, comodamente sedute in prima fila. Per poi continuare a discutere, prendendo il sole e la pioggia, se c’era.
La forma diventava sostanza. E consenso.
Sono un giornalista, mi occupo di comunicazione e di uffici stampa. Per conoscermi meglio basta un clic.
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